Luoghi e simboli
Un monastero di clausura è per sua stessa natura inaccessibile: coloro che vi entrano decidono di vivere staccate dal mondo, sebbene accompagnino con la preghiera continua l’intera famiglia umana, condividendone le gioie e le tristezze quotidiane.
Alcuni luoghi, caratterizzando la vita monacale, ne diventano il simbolo.
Il coro è il cuore pulsante del monastero: le monache vi si ritrovano per la preghiera comunitaria in vari momenti della giornata. La recita delle Lodi, la Liturgia delle Ore, i Vespri, il Rosario, la Santa Messa, dall’alba al tramonto, costituisco l’essenza stessa della vita claustrale. Ad alcune celebrazioni partecipano i fedeli presenti nella chiesa pubblica, unita al coro attraverso la grata. Un’unica assemblea innalza le proprie preghiere al Creatore: i fedeli non vedono direttamente le monache ma sentono da loro la proclamazione della letture e i canti armoniosi. Al termine la Madre saluta, a nome di tutte, quanti si avvicinano alla grata.
La cella, con il suo arredo essenziale, è il luogo in cui la monaca si ritira per la preghiera personale o per il riposo. Tutto è estremamente povero perché la vera ricchezza è l’incontro personale con il Signore. Ciò che spinge una donna, nata e vissuta nel mondo, ad abbandonare tutto per donarsi interamente a Cristo, è la volontà di mettere Cristo al centro della propria esistenza e, senza alcuna distrazione, vivere in totale comunione con Lui. Nella cella si è sole con Dio: non a tutti è dato comprendere questa scelta di vita, poche sono le elette chiamate a viverla. Avvolto dal silenzio, il cuore della monaca batte all’unisono con quello dei fratelli del mondo intero.
La grata è il mezzo dell’incontro. Se può sembrare a prima vista fredda e crudele, quando si scorgono, dall’altra parte, gli occhi sorridenti di chi ti saluta con un “sia lodato Gesù Cristo” o un “pace e bene”, comprendi la gioia e la serenità di chi ha deciso di vivere la propria fede in modo totale. L’origine della grata è medioevale e rispondeva alla necessità di proteggere dall’ ”esterno” le monache, consentendo loro comunque di incontrare i fedeli al termine delle funzioni religiose pubbliche o nel parlatorio durante l’orario di visita. Tutto ciò avviene ancor’oggi, immutato, a distanza di secoli. Attraverso la grata passano la preghiera, i saluti, le parole di conforto.
La ruota permette lo scambio materiale con l’esterno: si dà o si riceve e la gioia è di entrambi. Le monache tendono ad essere autosufficienti ma necessitano comunque di aiuto. Basti pensare ai periodi dell’anno in cui l’orto non dà nulla o alle spese di manutenzione e di riscaldamento dei monasteri che spesso sorgono in edifici grandi e antichi. Le monache, per millenaria tradizione, preparano arredi sacri, lavori artigianali, dolci, perché il lavoro, accompagnato dalla preghiera, contribuisca al loro sostentamento. La vecchia ruota di legno gira e spesso gli occhi di chi dona non incrociano quelli di chi riceve, si incontrano però i loro cuori.
Il chiostro è posto al centro del monastero. Su di esso si affacciano le celle e il suo porticato unisce i diversi ambienti in cui le monache vivono, come fosse la piazza di un paese. Il cortile con i suoi alberi, i suoi fiori e i suoi piccoli sentieri è il luogo delle passeggiate, della ricreazione, del contatto con la natura e anche della preghiera. Lo scorrere lento delle stagioni vede mutare il colore delle foglie, la loro caduta e il loro sbocciare, ben rappresentando il continuo rinnovarsi della vita. I fiori, colorati, profumati, perfetti, sono segno tangibile dell’Amore potente di Dio per le sue creature. Il contatto con la natura è un abbraccio col Creatore.
Nel refettorio, semplice e raccolto, la comunità si ritrova per consumare i pasti. Per antica consuetudine si rispetta il silenzio mentre una sorella recita i salmi o legge ad alta voce un brano spirituale. Il necessario sostentamento del corpo non è separato dalla volontà di arricchire mente e cuore. I tavoli sono disposti a ferro di cavallo, segno dell’unione e dello spirito di comunità. Ogni sorella è un anello della catena, importante e necessario. Alternativamente le monache provvedono alla “cucina” perché ogni momento della giornata e ogni compito, vissuto con amore, contribuisce alla missione orante della comunità.