Benedetto

Padre del monachesimo occidentale, Compatrono d’Europa, vissuto tra il V e il VI secolo, ossia negli anni della caduta dell’Impero Romano, Benedetto, in un mondo in balìa delle invasioni barbariche, silenziosamente getta nel solco della storia semi di pace e di riconciliazione diventando “padre” della nuova Europa.

La fonte principale per conoscere la sua figura è senz’altro il secondo libro dei Dialoghi, opera del pontefice san Gregorio Magno, il quale, tuttavia, rimanda alla stessa Regola del santo abate (Dialoghi II,36). Con san Benedetto – uomo di Dio dal volto sereno, di vita venerabile, dai costumi angelici – ci troviamo davanti a una figura insieme forte e mite, austera e amabile che irradia attorno a sé luce e calore. È 1’uomo della verità e dell’ordine, della coerenza e della radicalità nell’impegno; soprattutto è l’uomo che dà alla sua vita un unico orientamento: la ricerca di Dio e del suo Regno.

Appena ventenne, si allontanò da Roma, dove aveva iniziato gli studi; rinunziava cioè al miraggio di un successo umano e si ritirava a vita solitaria su un monte boscoso: Subiaco. Solo con se stesso, ma sotto gli occhi di Dio, attraverso una dura lotta sostenuta nel suo intimo per vincere le passioni e le inclinazioni al male, Benedetto si formò alla pace, ossia si conformò al Cristo mite e umile di cuore. Mentre già molti accorrevano a lui quale a uomo di riconciliazione, andava pure inasprendosi la persecuzione di chi, roso dall’invidia, cercava di eliminarlo. Ma Benedetto non si turbò e tanto meno accettò di attaccare battaglia. Egli assunse unicamente le armi della mansuetudine e della pace. Lasciò quell’amato luogo e, per provvidenziale disegno, si recò sulla montagna di Cassino. Era giunto il tempo in cui la sua esperienza doveva farsi patrimonio di vera sapienza per molti. Con la sua Regola, infatti, fu per il suo tempo e per i secoli successivi fautore di pace e di unità.

Nulla assolutamente i monaci antepongano a Cristo, ed Egli ci conduca tutti insieme alla vita eterna (Regola di san Benedetto, 72,11-12)

Anna Maria Cànopi osb

Benedettine - Isola San Giulio d’Orta (NO)

Domenico di Guzman

Domenico di Guzmán, nasce verso il 1170 a Caleruega, un villaggio montano della Vecchia Castiglia (Spagna). Adolescente viene affidato alle cure dello zio arciprete che lo inizia agli studi. Successivamente frequenta l’Università di Palencia studiando dialettica, filosofia, teologia e Sacra Scrittura. Mentre si trova a Palencia, Domenico mostra la sua grande generosità durante una carestia, usando le sue sostanze per aiutare i poveri, raccogliendo fondi e vendendo suoi libri. All'età di ventiquattro anni, diventato sacerdote, entra nel capitolo dei Canonici della cattedrale di Osma di cui diventa anche vicepriore. Qui Domenico vive profondamente immerso nella preghiera, nel ministero e nella vita comune che il Vescovo Diego d'Acebes aveva instau­rato tra i canonici della sua cattedrale. Domenico passa il suo tempo studiando e pregando. II vescovo Diego, nel 1203, deve compiere una missione diplo­matica in Danimarca e chiede a Domenico di accompagnarlo Durante il viaggio attraver­sano la Francia meridionale e si fermano a Tolosa. Qui Domenico ebbe il suo primo contatto vivo con l'eresia catara e albigese. E' noto l’incontro con l'oste di Tolosa e il dialogo che Domenico intraprese con lui per tutta la notte per riportarlo alla fede. Di ritorno da una seconda missione in Danimarca nel 1206, affascinati dall'intensa attività missionaria svolta dal clero danese tra i pagani delle regioni baltiche, Domenico e Diego, prima di rientrare in Spagna si recano a Roma per chiedere al papa di dedicarsi all'evangelizzazione dei pagani. Papa Innocenzo III, che aveva già promosso una forte predicazione contro l'eresia catara e albigese dilagante nel meridione della Francia, invita i due a dirigere la loro predicazione verso questa nuova missione. Domenico e Diego accettano la consegna del papa ed iniziano la loro missione apostolica. Qui i due rimangono insieme fino a quando non soprag­giunge la morte di Diego e Domenico rimane solo. Domenico continua l'opera della predicazione con grande coraggio e sapienza. Il vescovo Folco di Tolosa, vista l’intensa opera di Domenico lo nomina nel 1215 predicatore della diocesi. A Tolosa alcuni amici gli si stringono intorno condividendo con lui la passione della predicazione per la salavezza dei fratelli. E' il primo nucleo che darà alla predica­zione di Domenico una forma stabile. Dal vescovo Folco, Domenico riceve in dono anche la chiesa di S. Maria di Prouille: qui, fra il 1206 e il 1207, egli raccolse alcune donne convertire dall'eresia catara che si dedicarono alla preghiera, nella condivisione della vita, offrendo accoglienza e sostegno ai predicatori itineranti attivi nel Sud della Francia. Era il primo nucleo della Santa Predicazione, progetto di vita apostolica e di dedizione all’annuncio del vangelo, con la vita e la parola, progetto che si svilupperà nell’Ordine voluto da Domenico. Nel 1215 il Vescovo Folco e Dome­nico si recano a Roma per richiedere da Onorio III l'approvazione uffi­ciale della «sacra predicazione» di Tolosa. L'anno successivo il papa conferma il progetto di Domenico (22 Dicembre 1216). Fu Onorio III a dare anche il nome di "Frati Predicatori" ai compagni di Domenico. Nel 1217 Domenico invia i suoi figli in tutta Europa, nelle città universitarie, so­prattutto a Parigi e Bologna. L'Ordine dei Predica­tori comincia a svi­lupparsi. Domenico riunisce e presiede nel 1220 e nel 1221, a  Bologna, i primi capi­toli dei suoi frati. In questi capitoli saran­no messe le basi effet­tive del nuovo Ordine che ha come fine la predicazione realizzata attraverso lo studio, la testimonianza della povertà evangelica e la fraternità della vita comune. Domenico, stanco delle sue fatiche apostoliche, muore il 6 agosto 1221 a Bologna circondato dall'affetto e dalla preghiera dei suoi frati.

Domenicane, Matris Domini - Bergamo

Francesco di Sales

Francesco di Sales nasce il21 agosto 1567 a Thonon, vicino ad Annecy (Alta Savoia), primogenito di una famiglia di Signori totalmente legati al Duca di Savoia. Il padre nutre nei suoi confronti grandi ambizioni e gli assicura una formazione di qualità: Francesco ha 24 anni quando viene promosso dottore in utroque jure (diritto civile ed ecclesiastico), dopo aver studiato alla Sorbona e a Padova. Alla sua brillante intelligenza si apre una bella carriera. Il padre lo vede già avvocato e membro del Senato di Chambéry e ha già scelto per il suo primogenito una fidanzata di buona nobiltà. Il desiderio segreto di Francesco è però quello di diventare sacerdote. Quasi all'insaputa del padre, ha aggiunto ai suoi studi di lettere e di diritto una solida formazIone teologica. Ma come rispondere alla propria vocazione di fronte alle affermazioni delle mire paterne? Il Signore di Boisy è ambizioso, ma è un uomo di fede: quando viene proposto per suo figlio l'incarico di Prevosto del Capitolo dei Canonici di Ginevra, si inchina di fronte alla volontà di Dio. Francesco è ordinato sacerdote il 18 dicembre 1593. L'anno seguente viene inviato dal suo vescovo a riportare la fede cattolica sulle rive del lago Lemano che i Bernesi, protestanti, avevano conquistato nel 1536 e restituito, qualche anno dopo, al Duca di Savoia.

Nel 1602 Francesco di Sales viene consacrato vescovo. Per vent'anni si prodigherà con zelo a rinnovare la fede nella sua Chiesa e a promuovere le riforme volute dal Concilio di Trento. La sua attività pastorale si estende ben al di là della Savoia: è un predicatore di grido a Parigi, Chambery, Digione, ed è in questo capoluogo della Borgogna che incontra, nel 1604, una giovane vedova, la baronessa Giovanna Francesca di Chantal, con la quale fonderà l'Ordine della Visitazione.

Pastore infaticabile e fondatore di Congregazione religiosa, Francesco di Sales è anche un grande direttore spirituale. Per accompagnare le anime nella ricerca di Dio, scrive lettere su lettere. Pubblica pure due opere di spiritualità che ottengono una risonanza considerevole. Nel 1608 esce la

Filotea, Introduzione alla vita devota, scritta appositamente per coloro che cercano la santità vivendo nel mondo. Nel 1616 Francesco pubblica il Trattato dell'amor di Dio, che intende aiutare a progredire le anime già consolidate nella volontà di tendere alla perfezione.

Questa vita, tutta dedicata a Dio e alla sua Chiesa, si spegne il 28 dicembre 1622, nel monastero della Visitazione di Lione.

Francesco di Sales è stato beatificato nel 1661 e canonizzato nel 1665. Pio IX lo ha proclamato, nel 1877, Dottore della Chiesa; Pio XI, il 26 gennaio 1923, Patrono dei giornalisti e degli scrittori. S. Francesco di Sales é anche Patrono dei sordomuti per essere riuscito a comunicare con un suo servo sordomuto.                                         

Visitazione - Moncalieri (TO)

Francesco e Chiara

Francesco nacque ad Assisi nel 1182. Figlio di un agiato mercante, nella giovinezza visse spensieratamente, cercando la gloria nelle imprese militari. Toccato dalla grazia, incarnando integralmente il Vangelo, rinunciò ai beni paterni. Praticò la povertà più assoluta, esortando gli uomini alla sequela di Cristo, alla fraternità e alla concordia. Arse d’amore per Gesù Crocifisso e volle servire la Chiesa in umiltà e semplicità. Con i primi 12 compagni che il Signore gli donò, diede inizio all’ordine dei Frati Minori. Nel 1212 vestì Chiara dell’abito religioso, fissando la sua dimora a San Damiano. Volendo coinvolgere più profondamente anche i laici diede inizio al Terz’Ordine. L’ardore apostolico lo spinse nel 1219 nel lontano Oriente, alla corte del sultano. Tornato in patria, nel 1220, rinunciò al governo dell’Ordine. Nel 1224, mentre in solitudine pregava sul monte della Verna, ricevette il dono delle Stimmate, ultimo sigillo della sua conformità con il Crocifisso. Dopo aver benedetto i suoi frati, morì sulla nuda terra presso Assisi, la sera del 3 ottobre 1226. Nel 1939 fu proclamato da Papa Pio XII Patrono d’Italia.

Chiara nacque ad Assisi nel 1194 da nobile famiglia. L’incontro con Francesco, già convinto seguace di Cristo povero, determinò la svolta della sua vita. La notte successiva alla Domenica delle Palme del 1212 fuggì di casa per raggiungere Francesco e i suoi frati alla Porziuncola, rinunciando a tutti i beni temporali per consacrarsi al Signore. Si stabilì a San Damiano. Dopo poco tempo con altre giovani condividerà la vita di assidua preghiera, di umile lavoro, di totale povertà e gioiosa fraternità. Iniziò così la famiglia delle Sorelle Povere la cui Regola, scritta da Chiara, sarà approvata il 9 agosto 1253, due giorni prima della sua morte.

Nella Regola leggiamo: “la forma di vita delle Sorelle Povere di S. Chiara è osservare il Santo Vangelo nel Signore Nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità, scegliendo di vivere corporalmente rinchiuse per dedicarsi al Signore con animo libero”.

Nel testamento: “esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell’umiltà e della povertà … e amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che avere nel cuore dimostratelo al di fuori con le opere”.

Le giornate in monastero sono scandite dalla preghiera che è la fonte e il cardine della vita claustrale. Anche il lavoro, personale e comunitario, è spazio della lode a Dio e concreta possibilità di “rendere a Lui moltiplicati i talenti ricevuti”.

Clarisse – Vicoforte (Cuneo)

Paolo della Croce

San Paolo della Croce, al secolo Paolo Francesco Dànei, nacque ad Ovada (Al), il 3 gennaio 1694. La sua giovinezza si maturò in un periodo storico particolarmente difficile e ostile alla Chiesa: l'illuminsmo filosofico trionfava nel campo della cultura; la mondanità e la frivolezza dei costumi dilagava nelle alte classi sociali, mentre un'estrema indigenza colpiva le classi popolari con le tristi conseguenze dell'ignoranza, la miseria, la malattia. Paolo comprese i suoi tempi e con tutto l'ardore della sua anima operò decisamente per la rinascita cristiana dei suoi contemporanei. Innanzi tutto volle mostrare il Cristo crocifisso, morto e risorto con la testimonianza della sua vita, vivendo in preghiera, penitenza e solitudine. Ordinato sacerdote, esplose la sua attività di missionario, e di fondatore del nuovo Istituto dei Passionisti e delle monache Passioniste. La sua triplice attività di missionario, fondatore e mistico, doveva allargarsi in un vasto orizzonte e per quasi mezzo secolo operò nella Chiesa donandole una grande fioritura di Santi. Ormai consumato dalle fatiche apostoliche e dall'austera vita, si addormentò nel Signore il 18 ottobre 1775, all'età di 81 anni, nella Casa Generalizia presso la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo in Roma, ove si venera il suo corpo. Il 29 giugno 1867 Pio IX , in San Pietro, lo proclamava Santo.

Passioniste – Ovada (AL)

Teresa d'Avila

Al secolo Teresa de Cepeda y Ahumada, riformatrice del Carmelo, Madre delle Carmelitane Scalze e dei Carmelitani Scalzi; "mater spiritualium" (titolo sotto la sua statua nella basilica vaticana); patrona degli scrittori cattolici (1965) e Dottore della Chiesa (1970): prima donna, insieme a S. Caterina da Siena, ad ottenere tale titolo; nata ad Avila (Vecchia Castiglia, Spagna) il 28 marzo 1515; morta ad Alba de Tormes (Salamanca) il 4 ottobre 1582 (il giorno dopo, per la riforma gregoriana del calendario fu il 15 ottobre); beatificazione nel 1614, canonizzazione nel 1622; festa il 15 ottobre. La sua vita va interpretata secondo il disegno che il Signore aveva su di lei, con i grandi desideri che Egli le mise nel cuore, con le misteriose malattie di cui fu vittima da giovane (e la malferma salute che l'accompagnò per tutta la vita), con le "resistenze" alla grazia di cui lei si accusa più del dovuto. Entrò nel Carmelo dell'Incarnazione d'Avila il 2 novembre 1535, fuggendo di casa. Un po’ per le condizioni oggettive del luogo, un po’ per le difficoltà di ordine spirituale, faticò prima di arrivare a quella che lei chiama la sua "conversione", a 39 anni. Ma l'incontro con alcuni direttori spirituali la lanciò a grandi passi verso la perfezione. Nel 1560 ebbe la prima idea di un nuovo Carmelo ove potesse vivere meglio la sua regola, realizzata due anni dopo col monastero di S. Giuseppe, senza rendite e "secondo la regola primitiva": espressione che va ben compresa, perché allora e subito dopo fu più nostalgica ed "eroica" che reale. Cinque anni più tardi Teresa ottenne dal Generale dell'Ordine, Giovanni Battista Rossi - in visita in Spagna - l'ordine di moltiplicare i suoi monasteri ed il permesso per due conventi di "Carmelitani contemplativi" (poi detti Scalzi), che fossero parenti spirituali delle monache ed in tal modo potessero aiutarle. Alla morte della Santa i monasteri femminili della riforma erano 17. Ma anche quelli maschili superarono ben presto il numero iniziale; alcuni con il permesso del Generale Rossi, altri - specialmente in Andalusia - contro la sua volontà, ma con quella dei visitatori apostolici, il domenicano Vargas e il giovane Carmelitano Scalzo Girolamo Graziano (questi fu inoltre la fiamma spirituale di Teresa, al quale si legò con voto di far qualsiasi cosa le avesse chiesto, non in contrasto con la legge di Dio). Ne seguirono incresciosi incidenti aggravatisi per interferenze di autorità secolari ed altri estranei, sino all'erezione degli Scalzi in Provincia separata nel 1581. Teresa poté scrivere: "Ora Scalzi e Calzati siamo tutti in pace e niente ci impedisce di servire il Signore". Teresa è tra le massime figure della mistica cattolica di tutti i tempi. Le sue opere - specialmente le quattro più note (Vita, Cammino di perfezione, Mansioni e Fondazioni) - insieme a notizie di ordine storico, contengono una dottrina che abbraccia tutta la vita dell'anima, dai primi passi sino all'intimità con Dio al centro del Castello Interiore. L' Epistolario, poi, ce la mostra alle prese con i problemi più svariati di ogni giorno e di ogni circostanza. La sua dottrina sull'unione dell'anima con Dio (dottrina da lei intimamente vissuta) è sulla linea di quella del Carmelo che l'ha preceduta e che lei stessa ha contribuito in modo notevole ad arricchire, e che ha trasmesso non solo ai confratelli, figli e figlie spirituali, ma a tutta la Chiesa, per il cui servizio non badò a fatiche. Morendo la sua gioia fu poter affermare: "muoio figlia della Chiesa".

Anthony Cilia (www.ocarm.org)

Sant’Agostino Vescovo
 

"Non uscire da te, ritorna in te stesso: nell’interno dell’uomo abita la verità". Fu l’esperienza umana che sant’Agostino, con la vita e con gli scritti, trasmise all’intera umanità.

Agostino Aurelio nacque a Tagaste (in Africa) nel 354 da una famiglia abbiente. Il padre era pagano, mentre Monica, la madre, era cristiana. Agostino visse la sua adolescenza in modo esuberante. Studiò i Classici e maturò una vocazione per la filosofia, la Sacra Scrittura invece lo lasciava indifferente. A vent’anni aprì una scuola di grammatica e retorica ma, desideroso di nuove esperienze, decise di trasferirsi nella capitale dell’Impero. Anche a Roma aprì una scuola, senza però trovare un pieno appagamento. Giunse poi una gravissima malattia che lo condusse quasi alla morte. Scrisse più tardi: “Le tue mani, Dio mio, nel segreto della tua provvidenza non abbandonavano la mia anima”. Nel 384 ottenne la cattedra di retorica a Milano, dove si trasferì. Qui lo raggiunse la madre, Monica, che sentiva nel cuore materno il travaglio interiore del figlio e gli fu accanto con la preghiera. Per lui fu determinante l’ascolto di alcuni sermoni di s. Ambrogio. Nella notte del Sabato Santo dell’anno 386 il santo vescovo milanese battezzò Agostino. Un breve periodo trascorso a Roma per conoscere le tradizioni della Chiesa, poi, nel 388, il Santo tornò a Tagaste per fondarvi una piccola comunità religiosa. Si stabilì in seguito ad Ippona, dove fu consacrato prete e, più tardi, eletto vescovo. Negli anni a venire intraprese un’intensa attività pastorale e scrisse opere di fondamentale importanza per il pensiero cristiano. Voleva contrastare le eresie allora imperanti, ma le sue opere sono ancor oggi attuali. “Solo Dio è capace di colmare la sete di verità e di amore che ogni uomo porta con sé” fu un suo pensiero. Stabilì una Regola che in seguito, nel IX secolo, fu adottata dai Canonici Regolari (Agostiniani). La vita monastica, comunitaria, doveva conformarsi all’esempio degli Apostoli e delle loro prime comunità; in seguito fu adottata da numerose congregazioni religiose. Sant’Agostino morì ad Ippona il 28 agosto 430. Le sue reliquie sono venerate a Pavia.


Santa Teresa di Lisieux

Nel cuore della Chiesa, mia Madre, io sarò l’amore, così sarò tutto”. Nel cuore della sua vocazione carmelitana Teresa scoprì la sua specifica vocazione: avvolgere il mondo in un abbraccio infinito d’amore, a testimonianza dell’infinita misericordia del suo Signore. Una storia meravigliosa la sua: aveva appena quindici anni nel 1887 quando si recò a Roma per il giubileo sacerdotale di Leone XIII e, durante l’udienza pontificia, chiese direttamente al Papa di poter entrare in monastero subito, prima dei 18 anni. Tra lo stupore generale il papa le rispose: «Entrerete, se Dio lo vuole». Dopo quattro mesi Teresa entrò nel Carmelo di Lisieux, dove l’avevano preceduta due sorelle.

Teresa Martin era nata nel 1873 ad Alençon, in una famiglia benestante. Ultima di cinque sorelle, ebbe un’infanzia felice, aveva però appena cinque anni quando la mamma morì. L’accompagnò da quel giorno un’ombra di tristezza. La vita in famiglia continuò serena, fu educata dalle sorelle. Papà Luigi la circondò di una tenerezza straordinaria, le trasmise l’amore per la natura, la aiutò a comprendere il valore dell’amore a Dio e al prossimo.

Teresa aveva nove anni quando Paolina, che le aveva fatto da seconda mamma, si fece carmelitana. Fu per la giovane una grande sofferenza, ma comprese che sarebbe stato il percorso anche della sua vita. Entrata nel Carmelo giovanissima, come abbiamo visto, prese il nome di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Erano le sue grandi devozioni: la Divina Infanzia e la Passione del Signore. Non mancarono però le contrarietà: incomprensioni con la priora e con alcune consorelle. Suor Teresa trovò la risposta all’interno della sua anima e si offrì a Dio come strumento del suo Amore.

Nutriva un grande amore per la Chiesa e tenne una corrispondenza epistolare con due sacerdoti missionari, uno in Canada e l’altro in Cina. Li accompagnò nel loro apostolato con la preghiera. A soli 23 anni, nel volgere di pochi mesi, a causa della tubercolosi volò in cielo. Per una grande intuizione della sorella Paolina, le sue esperienze spirituali furono pubblicate, già nel 1898, in Storia di un’anima. La spiritualità di s. Teresina percorse in un baleno tutta la Francia per diffondersi al mondo intero: affascinò intellettuali e persone semplici, fece sbocciare nella Chiesa innumerevoli vocazioni. Monaca di clausura, per volontà di Pio XII, nel 1927, fu dichiarata patrona delle Missioni, insieme a San Francesco Saverio. Nel 1997 Papa Giovanni Paolo II la proclamò Dottore della Chiesa.